Bibliografia capitiniana- aggiornamento

Versione della bibliografia aggiornata al 30 ottobre 2015, con correzioni e integrazioni.

Secondo questo elenco le pubblicazioni di Capitini fino al 1968 (anno della morte) sono 1109; dal 1969 al 2012 sono uscite altre 419 pubblicazioni, per un totale di 1528.

bibliografiaCapitini30ott2015

Bibliografia capitiniana

Dopo lunghi mesi di revisioni pubblico la bibliografia di Aldo Capitini in formato xls, facilmente modificabile e riordinabile secondo le proprie preferenze.

bibliografiaCapitini7ott2015

1526 voci, circa 700 documenti pubblicati solo una volta

Il punto di partenza è stato ovviamente la documentazione esistente (Stella, Martini, Foppa Pedretti), a cui ho aggiunto nuove voci bibliografiche e facendo alcune correzioni.

Naturalmente non è una bibliografia definitiva, ma può permettere agli studiosi di fare ricerche in maniera flessibile e – mi auguro –  di segnalare correzioni e integrazioni.

Gabriele De Veris, bibliotecario a San Matteo degli Armeni

Perugia, 2 ottobre 2015

(agg. 7 ottobre 2015)

 

Elementi di un’esperienza religiosa

elementi di un'esperienza religiosa“Il primo libro fu fatto stampare dal Croce, che avevo conosciuto, mediante Luigi Russo, a Firenze (Adolfo Omodeo scrisse a Luigi Russo il 20 ottobre 1936: « Don Benedetto è tornato molto soddisfatto di un lavoro filosofico di un tuo scolaro di Perugia e me lo vuol far leggere »; ma non fui mai scolaro di Luigi Russo)”

(Capitini, Attraverso due terzi del secolo)

Luisa Schippa compresente (1923-2015)

Un ricordo della stretta collaboratrice di Aldo Capitini e una proposta

Luisa Schippa compresente

Una professoressa ispirata dalla persuasione nonviolenta. Una stretta collaboratrice, già dai primi ’60, di Aldo Capitini e poi studiosa della sua opera. Una sua cara amica, che gli fu vicina fino alla fine. E poi la prima presidente della Fondazione Centro studi Aldo Capitini di Perugia, fino al 2003 quando ne sarebbe diventata presidente onorario. Per questo e altro ancora merita di essere ricordata la figura di Luisa Schippa, che ha insegnato a lungo al Liceo Mariotti di Perugia, intrecciando le lezioni di filosofia con l’attivismo per la pace, declinato anche tra le righe della rivista “Azione nonviolenta” fondata dallo stesso Capitini (e tuttora stoicamente in piedi nel difficile universo editoriale italiano).

In occasione della morte del prof. Maurizio Cavicchi (il 30 maggio 2013), altra figura di rilievo nel panorama capitiniano, la Fondazione Centro studi A. Capitini – allora presidente Claudio Francescaglia – aveva proposto alla cittadinanza il ricordo di un altro tra i più stretti collaboratori del filosofo della nonviolenza. Oggi è più che opportuno farlo per Luisa Schippa, valorizzando al meglio la tenace opera di diffusione delle idee di nonviolenza, apertura, libertà-socialità e democrazia dal basso. In questo, e non solo in questo, alla Fondazione si affianca oggi l’Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini, in un significativo cammino comune.

Luisa Schippa ha scritto diverse pagine su e a partire da Capitini. Ed è stata lei a pubblicare, nel 1969, le Lettere di religione capitiniane nel libro postumo Il potere di tutti, ad un anno dalla scomparsa del suo maestro; ma non posso non ricordare in particolare la sua cura degli Scritti sulla nonviolenza editi da Protagon (Perugia 1992) in quella stessa collana di “Opere scelte” per la quale poi Mario Martini avrebbe curato gli Scritti filosofici e religiosi.

Oggi tanto c’è ancora da fare, in questo senso, per Capitini e la Fondazione a suo nome ha urgente bisogno di un sostegno: da parte delle istituzioni, di enti privati, come pure della cittadinanza chiamata a partecipare alle iniziative organizzate presso il bel Centro comunale di San Matteo degli Armeni di Perugia. Nel segno della compresenza anche di Luisa Schippa.

Giuseppe Moscati

Presidente Fondazione Centro studi A. Capitini

luisaschippa

Luisa Schippa, collaboratrice e amica di Aldo Capitini, in una foto del 1959

Manifesti raccontano…

Vittorio Pallotti, Claudio Francescaglia, Andrea Maori e Gabriele De Veris, mercoledì 25 marzo, ore 18.00, a San Matteo degli Armeni, inaugurano la Mostra ‘Manifesti raccontano…le molte vie per chiudere con la guerra’.

Quaranta manifesti di varie epoche in esposizione per raccontare la storia dei movimenti per la pace, il disarmo, l’ambiente e proiezione di altri poster durante l’evento inaugurale.

Insieme alla mostra è presentato il volume omonimo, realizzato in collaborazione con l’International Network of Museums for Peace, con le prefazioni di Peter Van den Dungen e Joyce Apsel.

La mostra, curata da Vittorio Pallotti e Francesco Pugliese del Centro di Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, è realizzata in collaborazione con la Biblioteca comunale San Matteo degli Armeni e la Fondazione Centro Studi Aldo Capitini.

In occasione della mostra, visitabile dal 25 marzo al 20 aprile, è indetto il concorsoManifesto Donne di pace‘.

Al concorso possono partecipare tutti, senza limitazione di età o di residenza, inviando un elaborato originale sul tema ‘Donne di pace’.

Ogni partecipante può inviare fino ad un massimo di tre manifesti esclusivamente in formato digitale.

Leggi con attenzione il Regolamento (documento pdf).
Scadenza presentazione elaborati: 10 aprile.

La scuola del futuro – 3

Tra le esemplificazioni che espongo brevemente:
-L’atteggiamento., degli insegnanti. Secondo me, in una scuola diversa dall’attuale, l’insegnante deve stare come partisse da zero; la scuola è dialogo, e l’insegnante vi guadagna la sua autorità non perché egli èl’insegnante, ma mostrandola continuamente nella capacità che egli ha di suggerire, di risolvere situazioni, cioè di aiutare la comunità scolastica.
-Inoltre davanti al crescere del materiale informativo, che nella scuola non può penetrare, perché altrimenti dovremmo moltiplicare le ore, e già sono molte, si pone giustamente il problema che la scuola dia posto ad interpretazioni, che formi capacità critiche, che dia appunto orientamenti; e le notizie poi lo studente se le trova da sé. Faccio un esempio semplice, ma si può estendere:dobbiamo studiare la storia dell’arte; ma come è possibile studiare la storia dell’arte, soltanto quella italiana, soltanto quella occidentale? Studieremo piuttosto i criteri — per esempio il « Saper vedere » di Matteo Marangoni —quei criteri che ci possono servire per illuminarci, per poter orientarci. Poi ognuno può accrescere le sue conoscenze quantitativamente; l’importante è che l’insegnante metta in grado gli altri di giudicare, di orientarsi nel giudizio. E quindi la scuola dovrebbe dare contesti di notizie, di carattere generale, anche in filosofia: un ragazzo sappia che è esistito Platone, Aristotele,Socrate, ma studi certi punti e sviluppi soprattutto queste capacità di giudizio, che restano aperte alla raccolta di materiali da tante parti, che si può fare nella scuola e fuori; in quanto si pensa oramai che la scuola debba essere semplicemente una preparazione per domani, cioè una preparazione non solo per il lavoro, ma per il tempo libero di domani.
Uno dovrebbe avere imparato a scuola, in una scuola dì questo genere, aperta sul serio, ad usare il suo tempo libero, per esempio a sapere quali sono i valori da approfondire, i valori per cui vale la pena di vivere e di morire; a sviluppare la voglia di leggere, a formarsi un orientamento filosofico, un criterio d’arte ed altre cose.
-E anche in questo orizzonte, tenendo sempre presente un orizzonte omnicratico che trasforma anche il centro, dovrebbe mutare l’educazione civica; che è male insegnare come una serie di obbedienze, mentre dovrebbe essere indicata come un elenco di modi di partecipazione per la trasformazione continua della società;quindi — vengo ad un tema a me caro, perché da trentacinque anni rivendico l’importanza del metodo non-violento, — anche le tecniche del metodo non-violento che possono trasformare la società, senza uccidere i nostri avversari, anzi amandoli.
-Ed ancora, l’utilizzazione di tutti gli elementi culturali, che può essere fatta nella scuola, e il costituire sempre autogoverni all’interno, addestrando tutti per questo.
-Un esempio che per me ha un valore concreto ed anche simbolico: la musica; la musica che dovrebbe essere al centro, io direi, non solo della scuola, ma anche della società, e da tutti conosciuta. Perché la musica è proprio l’esempio più illuminante di una cosa che può avere un valore accessibile a tutti,comprensibile da tutti e di tutte le razze, e nello stesso tempo di altissimo valore. Per me la musica può essere vissuta proprio come un caso culminante,liturgico di compresenza. Noi possiamo sentire che la musica scaturisce non dal musicista, non dai musicanti, ma dall’animo di tutti. Tutti compresenti alla musica. La musica quindi è importante.
-Anche l’architettura, da un punto di vista di questo genere, cioè omnicratico,va vista diversamente. Ecco la grandezza di San Francesco che voleva le chiese piccole; non è la bella chiesa di ora ad Assisi, che non è stata fatta da San Francesco, perché è stata fatta per un santo. L’architettura auspicabile in questo caso, è un’architettura direi aperta, che sente presente tutti, quindi è un’architettura piccola, non è certo un’architettura di tipo barocco, che è fatta senza sentire la presenza degli altri. E San Francesco voleva le chiese piccole, perché la modestia accomuna tutti.
-Tra le tante esemplificazioni per una scuola di questo genere, rientra anche il rallentamento del ritmo, per la preminenza che deve avere il rapporto con gli altri. E quindi faccio le mie riserve sull’accrescimento scientifico, messo alprimo piano, nella scuola di oggi o, se volete, nella scuola di domani. Noi dobbiamo rallentare il ritmo per capire il valore del tu, il valore di accomunarsi con gli altri esseri, che non sono « motori »!
-Un altro esempio: la necessità di una lingua universale, cioè di un’educazione bilingue, che del resto in tempi culminanti, religiosi, pensate a San Paolo,pensate a San Francesco, esisteva; tanto più che in Italia si sta superando il dialetto e quindi oltre alla nostra, possiamo usare sempre una lingua internazionale comune.
-Infine direi che dobbiamo anche far sentire, se vogliamo che veramente la scuola sia di tutti, questa sete di liberazione, di trasformazione della realtà attuale, in una realtà che veramente sia di tutti, che non lasci fuori nessuno,e quindi l’educazione può anche essere veramente un atto verso una realtà libera dai limiti di questa realtà. Una realtà liberata che ha come suoi antesignani proprio i fanciulli. E con apertura a loro, noi dobbiamo dare i valori che possiamo, ma dovremmo avere l’umiltà di pensare che loro siano capaci di fare sintesi migliori di noi. Essi saranno qualche cosa di più di noi. Questa è secondo me la vera educazione.

(Aldo Capitini, tavola rotonda “Scuola e democrazia,” in Pietro Prini (cur.) Verso la scuola del futuro, Roma, edizioni Abete, 1969, pp. 368-373. Incontri internazionali di Perugia, Il mondo di domani, 2-6 aprile 1966)

Capitini e l’antifascismo: resistenza e nonviolenza

Biblioteca comunale San Matteo degli Armeni Via Monteripido 2 Perugia

sabato 7 marzo 2015 ore 10

CAPITINI E L’ANTIFASCISMO

Resistenza e nonviolenza

Incontro con

Avv. Francesco Innamorati, partigiano, presidente onorario ANPI comitato provinciale di Perugia

Prof. Claudio Francescaglia, Fondazione centro studi Aldo Capitini

Prof. Mario Martini, Fondazione centro studi Aldo Capitini

A cura di ANPI sezione di Perugia Bonfigli Tomović; Fondazione centro studi Aldo Capitini

Ingresso libero

La scuola del futuro – 2

Le rivendicazioni che noi già facciamo e che abbiamo fatto lungo anni e decenni, naturalmente riguardano il progresso nella scuola, cioè la sua maggiore indipendenza dai legami, dalle imposizioni burocratiche e centralistiche, che arrivano ad assurdi che, se mai, posso in discussione ben testimoniare; lo sviluppo della scuola pubblica la quale ha sulla scuola confessionale il privilegio di mettere insieme diversi: protestanti, cattolici, ebrei, poveri, ricchi, e soprattutto persone che vengono da famiglie di ideologie e condizioni varie, e quindi abitua al dialogo. Il fatto di costituire programmi aperti in cui si possa deliberare su certi argomenti, anno per anno da mutare. Soprattutto l’organizzazione comunitaria nelle scuole stesse, con organi di discussione, insomma quella certa autonomia e democrazia che rivendichiamo da tanto tempo e che, secondo me, potrebbe essere introdotta anche senza fare una riforma strutturale e di colpo dall’oggi al domani, ma smaltita via via, in modo da dare a tutta la scuola quella autonomia e quella responsabilità che noi vogliamo e che è necessaria per passare alla scuola di domani. Fra l’altro, molte volte si tratta di riforme senza spese e che non sono fatte perché il centro autoritario e burocratico non vuole mollare i suoi poteri proprio a tutti.
Ma oltre questo, si può esemplificare, e riprendendo anche alcuni temi molto interessanti trattati in questo convegno,si può vedere come veramente da questo « tramite » si possa arrivare ad una scuola che viva, respiri questa atmosfera omnicratica, questa ispirazione continua a sentir presenti tutti; questi tutti, questa parola che io sento con la stessa reverenza che ispira la parola « Dio »: « tutti »; una parola infinita perché può arrivare a comprendere non solo noi che studiamo, ma anche coloro che non studiano e non possono studiare, che stanno nei loro letti di sofferenza, anche coloro che hanno in questo momento la testa malata, anche i lontani, anche i morti; pensate: è una parola immensamente religiosa.

(2 – )

(Aldo Capitini, tavola rotonda “Scuola e democrazia,” in Pietro Prini (cur.) Verso la scuola del futuro, Roma, edizioni Abete, 1969, pp. 368-373. Incontri internazionali di Perugia, Il mondo di domani, 2-6 aprile 1966)