Tra le esemplificazioni che espongo brevemente:
-L’atteggiamento., degli insegnanti. Secondo me, in una scuola diversa dall’attuale, l’insegnante deve stare come partisse da zero; la scuola è dialogo, e l’insegnante vi guadagna la sua autorità non perché egli èl’insegnante, ma mostrandola continuamente nella capacità che egli ha di suggerire, di risolvere situazioni, cioè di aiutare la comunità scolastica.
-Inoltre davanti al crescere del materiale informativo, che nella scuola non può penetrare, perché altrimenti dovremmo moltiplicare le ore, e già sono molte, si pone giustamente il problema che la scuola dia posto ad interpretazioni, che formi capacità critiche, che dia appunto orientamenti; e le notizie poi lo studente se le trova da sé. Faccio un esempio semplice, ma si può estendere:dobbiamo studiare la storia dell’arte; ma come è possibile studiare la storia dell’arte, soltanto quella italiana, soltanto quella occidentale? Studieremo piuttosto i criteri — per esempio il « Saper vedere » di Matteo Marangoni —quei criteri che ci possono servire per illuminarci, per poter orientarci. Poi ognuno può accrescere le sue conoscenze quantitativamente; l’importante è che l’insegnante metta in grado gli altri di giudicare, di orientarsi nel giudizio. E quindi la scuola dovrebbe dare contesti di notizie, di carattere generale, anche in filosofia: un ragazzo sappia che è esistito Platone, Aristotele,Socrate, ma studi certi punti e sviluppi soprattutto queste capacità di giudizio, che restano aperte alla raccolta di materiali da tante parti, che si può fare nella scuola e fuori; in quanto si pensa oramai che la scuola debba essere semplicemente una preparazione per domani, cioè una preparazione non solo per il lavoro, ma per il tempo libero di domani.
Uno dovrebbe avere imparato a scuola, in una scuola dì questo genere, aperta sul serio, ad usare il suo tempo libero, per esempio a sapere quali sono i valori da approfondire, i valori per cui vale la pena di vivere e di morire; a sviluppare la voglia di leggere, a formarsi un orientamento filosofico, un criterio d’arte ed altre cose.
-E anche in questo orizzonte, tenendo sempre presente un orizzonte omnicratico che trasforma anche il centro, dovrebbe mutare l’educazione civica; che è male insegnare come una serie di obbedienze, mentre dovrebbe essere indicata come un elenco di modi di partecipazione per la trasformazione continua della società;quindi — vengo ad un tema a me caro, perché da trentacinque anni rivendico l’importanza del metodo non-violento, — anche le tecniche del metodo non-violento che possono trasformare la società, senza uccidere i nostri avversari, anzi amandoli.
-Ed ancora, l’utilizzazione di tutti gli elementi culturali, che può essere fatta nella scuola, e il costituire sempre autogoverni all’interno, addestrando tutti per questo.
-Un esempio che per me ha un valore concreto ed anche simbolico: la musica; la musica che dovrebbe essere al centro, io direi, non solo della scuola, ma anche della società, e da tutti conosciuta. Perché la musica è proprio l’esempio più illuminante di una cosa che può avere un valore accessibile a tutti,comprensibile da tutti e di tutte le razze, e nello stesso tempo di altissimo valore. Per me la musica può essere vissuta proprio come un caso culminante,liturgico di compresenza. Noi possiamo sentire che la musica scaturisce non dal musicista, non dai musicanti, ma dall’animo di tutti. Tutti compresenti alla musica. La musica quindi è importante.
-Anche l’architettura, da un punto di vista di questo genere, cioè omnicratico,va vista diversamente. Ecco la grandezza di San Francesco che voleva le chiese piccole; non è la bella chiesa di ora ad Assisi, che non è stata fatta da San Francesco, perché è stata fatta per un santo. L’architettura auspicabile in questo caso, è un’architettura direi aperta, che sente presente tutti, quindi è un’architettura piccola, non è certo un’architettura di tipo barocco, che è fatta senza sentire la presenza degli altri. E San Francesco voleva le chiese piccole, perché la modestia accomuna tutti.
-Tra le tante esemplificazioni per una scuola di questo genere, rientra anche il rallentamento del ritmo, per la preminenza che deve avere il rapporto con gli altri. E quindi faccio le mie riserve sull’accrescimento scientifico, messo alprimo piano, nella scuola di oggi o, se volete, nella scuola di domani. Noi dobbiamo rallentare il ritmo per capire il valore del tu, il valore di accomunarsi con gli altri esseri, che non sono « motori »!
-Un altro esempio: la necessità di una lingua universale, cioè di un’educazione bilingue, che del resto in tempi culminanti, religiosi, pensate a San Paolo,pensate a San Francesco, esisteva; tanto più che in Italia si sta superando il dialetto e quindi oltre alla nostra, possiamo usare sempre una lingua internazionale comune.
-Infine direi che dobbiamo anche far sentire, se vogliamo che veramente la scuola sia di tutti, questa sete di liberazione, di trasformazione della realtà attuale, in una realtà che veramente sia di tutti, che non lasci fuori nessuno,e quindi l’educazione può anche essere veramente un atto verso una realtà libera dai limiti di questa realtà. Una realtà liberata che ha come suoi antesignani proprio i fanciulli. E con apertura a loro, noi dobbiamo dare i valori che possiamo, ma dovremmo avere l’umiltà di pensare che loro siano capaci di fare sintesi migliori di noi. Essi saranno qualche cosa di più di noi. Questa è secondo me la vera educazione.
(Aldo Capitini, tavola rotonda “Scuola e democrazia,” in Pietro Prini (cur.) Verso la scuola del futuro, Roma, edizioni Abete, 1969, pp. 368-373. Incontri internazionali di Perugia, Il mondo di domani, 2-6 aprile 1966)